Emme Rossa |
L’eccidio tedesco di Monchio, Susano e Costrignano
SOMMARIO
I giorni precedenti l’eccidio
MERCOLEDI 8 MARZO I944
La situazione nella Valle del Secchia, che da ormai troppo tempo era
diventata insostenibile a causa delle continue aggressioni a militari e civili,
i continui furti ad abitazioni private ed ammassi del grano, gli innumerevoli
attacchi ai piccoli presidi fascisti e della GNR, da parte dei partigiani che
si erano raggruppati in queste zone (causa principale le armi abbandonate dai
cadetti dell'Accademia Militare allo sbando dell'8 Settembre), destava serie
preoccupazioni nei Comandi fascisti locali e in quello Provinciale.
La prima mossa, per cercare di attenuare e di rintuzzare questa
continua pressione partigiana fu quella di rinforzare i presidi locali, per poi
indirizzare, le forze colà dislocate, in una vasta azione di rastrellamento per
cercare di eliminare il fenomeno del ribellismo concentratosi in quella
vallata.
Vennero inoltre istituiti nuovi presidi a Gombola e a Palagano.
In quest'ultima località, arrivò un reparto della GNR di circa un
centinaio di uomini al Comando del Capitano Mori e del S. Ten. Antonio Izzo. In
un primo rastrellamento di quel centro vi fu uno scambio di fucileria con i
partigiani nascosti nelle montagne circostanti e due di questi, scoperti mentre
tentavano di fuggire, vennero immediatamente passati per le armi.(10)
"I due risultavano
renitenti e per di più furono trovati in possesso di alcune bombe a mano.
Vennero perciò immediatamente condannati alla fucilazione, sulla base dell'
art. 1 del decreto mussoliniano del 18 Febbraio."(11)
GIOVEDI 9 MARZO 1944
Un piccolo reparto di militi della GNR, comandato dal S. Ten. Izzo,
mentre si stava spostando da Lama a Palagano, viene attaccato da reparti
partigiani che, bloccato l'autocarro ed incendiatolo, eliminarono i militi
fascisti dandosi immediatamente alla macchia.
Vennero uccisi: il sergente della GNR di ventuno anni:
ABBORRETTI MASSIMILIANO;(12)
I militi della GNR:
GAIBA MARIO,(13)
PONZONI PAOLO,(14)
BARBIERI FEDERICO,(15)
TOSATTI FEDERICO(16),
CORONA EMANUELE(17,
e l'allievo Ufficiale dei Bersaglieri:
GERLI GIAN BATTISTA(18).
In un successivo attacco portato dai partigiani ad un autocarro dove
assieme ai militi fascisti erano dei civili e dei prigionieri partigiani, tra i
quali Don Sante Bartolai, venne ucciso l'ufficiale postale di Palagano, padre
di quattro figli:
RIOLI GIUSEPPE.(18bis)
Sempre nella zona, a Polinago resta ucciso il soldato del 47° DMP:
SECCHI CORRADO(18tris)
Molte pubblicazioni della storiografia resistenziale descrivono questo
fatto e portano parecchie testimonianze(19); da parte fascista resta questo
documento, che riportiamo integralmente, a firma del S. Tenente, Izzo:
"Relazione sul fatto
d'arme in cui trovarono la morte il Serg. Abborretti e i suoi compagni.
Il mattino del 9 Marzo 1944,
verso le ore 8, giungeva a Palagano il Centurione Penso con una sessantina di
legionari, montati su due corriere, per proseguire poi, alle 8,30 per
Boccasuolo, dove dovevano compiere un azione contro un forte nucleo di
sbandati.
Alle ore 14, provenienti da
Boccasuolo, arrivarono le due corriere suddette che, con la scorta di un solo
legionario armato di moschetto e montato sulla prima corriera, recavano a
Montefiorino gli zaini dei legionari impegnati nell'azione.
Verso le 14,45 una telefonata
dal Comando del Presidio di Montefiorino, mi avvertiva che, a 4Km circa da
Palagano, sulla strada che porta a Savoniero, si vedevano due macchine in
fiamme.
Dato che il telefonare al mio
Comandante diretto, Ten. Soriani, distaccato a Lama Mocogno, avrebbe richiesto
troppo tempo e non ero sicuro che il fonogramma arrivasse a destinazione,
chiesi ordini in proposito a Montefiorino.
Alle ore 15, Montefiorino mi
ripetè che sulla strada di Savoniero si vedevano due automezzi bruciare e mi
disse di inviare, al più presto, qualcuno sul posto per constatare l'accaduto.
Non avevo alcun mezzo a disposizione
per arrivare al più presto possibile sul luogo indicato.
Per cui, quando alle 15,08,
giunse da Lama Mocogno l'autocarro della GNR che recava gli zaini dei
mitraglieri aggregati al mio plotone, autocarro scortato dal serg. Abborretti
con 9 suoi mitraglieri. armati di una mitragliatrice Breda 37, un mitra,
moschetti e bombe a mano, ordinai di scaricare in fretta gli zaini e di
proseguire sulla strada per Savoniero, per accertarsi dei motivi che potevano
aver provocato l'incendio dei due automezzi. Raccomandai inoltre al Serg.
Abborretti di usare molta attenzione perché a mio giudizio, si trattava
certamente delle due corriere incendiate da qualche gruppo di ribelli che
probabilmente si trovavano ancora sul posto. Il Serg. Abborretti ed i suoi uomini
dimostrarono di aver compreso il compito loro assegnato.
Dopo dieci minuti circa dalla
partenza dell'autocarro da Palagano, echeggiarono delle raffiche di
mitragliatrice provenienti da Savoniero.
Ero all'oscuro di quello che
effettivamente poteva essere accaduto, quando alle ore 15,35, mi telefonarono
che si vedeva in fiamme un terzo automezzo. Pensai subito che fosse quello che
trasportava Abborretti ed i suoi uomini. Provvidi ad inviare altri 7 uomini,
con un fucile mitragliatore servendomi di un camioncino, requisito nel
frattempo in paese, ma detto camioncino, a due chilometri circa da Palagano, si
fermò per mancanza di benzina. Gli uomini, al comando del Sergente Silingardi,
rientrarono a piedi. Decisi di partire io personalmente con detti uomini, ma a
due chilometri circa da Palagano, incontrai il granatiere Longari, che
ritornava da Montefiorino dove si era recato al mattino, autorizzato da mè per
prendere i suoi indumenti civili. Costui mi disse che le forze dei ribelli
erano preponderanti, per cui ritenni opportuno ritornare indietro e chiedere
rinforzi. Intanto mi accorsi che il bersagliere Gerli e gli alpini Grosoli e
Ferrari, a mia insaputa, avevano raggiunto il luogo dell'imboscata
sull'autocarro del Sergente Abborretti.
I rinforzi arrivarono alle
ore 20,30, cinque minuti dopo che i ribelli avevano iniziato il loro attacco
contro il Presidio di Palagano, attacco che fu in breve respinto.
I rinforzi costituiti da una
parte del Plotone Armi di accompagnamento con due mortai e da quindici agenti
della questura col Cap. Mori e il S.Ten. Corradini, non poterono recarsi sul
posto, sia per l'attacco in corso sia per le tenebre sopraggiunte da un pezzo e
per l'ignoranza circa la conformazione del terreno. Al mattino seguente 10
Marzo, il mio plotone rinforzato dal plotone del S.Ten. Finucci, arrivato alle
ore 10 e dai quindici agenti della questura con il Cap. Mori, si recò sul
posto. Rinvenimmo colà le salme del Serg. Abboretti, del Bersagliere Gerli, del
granatiere Gaiba e del legionario Ponzoni Paolo autista dell'autocarro. I
particolari sullo svolgimento dell'imboscata possono fornirli il granatiere
Murino, il granatiere Raimondi, o il cap. magg. Simonini, scampati all'eccidio
o qualcuno dei feriti degenti all'ospedale.
F.to s.Ten. Antonio Izzo(20)
DOMENICA 12 MARZO 1944
Nella zona di Guiglia e precisamente in località Pieve di Trebbio,
reparti tedeschi e fascisti si scontrano con formazioni partigiane guidate da Leonida
Patrignani(25) il quale aveva l'incarico di organizzare i gruppi ribelli in
quelle contrade.
Al termine della messa domenicale, il gruppo di partigiani bloccò il
paese impedendo alla gente di rientrare alle proprie case.(26) Dopo poco,
pattuglie di militi della GNR e di tedeschi provenienti da Guiglia, vennero a
contatto con i "ribelli" nei pressi di Casa Fontanazzi, all'inizio
del paese ed ebbe inizio una fitta sparatoria. Due militi:
IGNOTI (27),
della GNR di Bologna, rimasero sul terreno, altri due vennero feriti
gravemente e cinque lievemente. I partigiani, in quello scontro, dovettero
lamentare otto caduti.(28)
Sull'altro versante dell’Appennino modenese altre bande di
"ribelli" commettono una serie di "prelievi" ( o furti ? ):
a Gubellino di Polinago venivano asportati generi alimentari dall'abitazione di
tale Egidio Turrini, mentre a Ranocchio di Montese veniva svuotata la privativa
di Ada Andreoli.(29)
Nella vicina frazione reggiana di Villa Minozzo, Morsiano, un gruppo di
circa trenta partigiani asporta, dall'ammasso granario di quel piccolo centro,
11 q.li di grano e 80 Kg. di scandella, caricando il tutto su 7 muli.(30)
Nel centro Italia, la battaglia tra gli schieramenti anglo-americani e
italo-tedeschi infuria sulla testa di ponte di Anzio, mentre perdura una
relativa calma sul fronte di Cassino.
Sempre all'Ospedale di Sassuolo, muore il milite della GNR di
Correggio, che era rimasto gravemente ferito la notte dell'11 Marzo in uno
scontro con i partigiani all'altezza di Ponte Dolo:
VEZZALINI ALBERTO.(32)
Nel capoluogo si sono svolte, in questa giornata, all'interno della
Cattedrale e con grande partecipazione di folla, con la presenza di tutte le
autorità cittadine, le esequie solenni delle vittime fasciste cadute
nell'imboscata di Palagano; ha celebrato la funzione l'Arcivescovo di Modena,
Mons. Cesare Boccoleri.
MARTEDI 14 MARZO 1944
I gruppi partigiani delle formazioni "Barbolini", sono in
movimento nella zona della valle del Secchiello e mentre reparti tedeschi e
fascisti sono in perlustrazione sulla strada che porta da Villa Minozzo in Val
d'Asta, una pattuglia si scontra con i primi; non si dovettero lamentare grosse
perdite da entrambe le parti.(33)
Nella zona di Palagano, nel frattempo, formazioni partigiane attaccano
una corriera che si recava a Savoniero, con a bordo alcuni operai, per tentare
di recuperare gli automezzi incendiati il giorno 9 e dove rimasero uccisi i
militi della GNR del Sergente Abborretti, nell'imboscata partigiana. Mentre gli
operai stavano lavorando per il recupero dei mezzi, furono investiti da un
lancio di bombe a mano, che li costrinse a fuggire e a mettersi in salvo,
mentre anche il loro mezzo di trasporto, una corriera, veniva incendiata.(34)
MERCOLEDI 15 MARZO 1944
I partigiani delle formazioni comandate da
Barbolini, dopo le
scorribande nelle valli del Dragone e del Secchiello, si trasferiscono nella
zona di Ligonchio, nel vicino reggiano. In seguito alla serie di attacchi e di
imboscate a pattuglie repubblicane, intervengono anche reparti tedeschi per
cercare di porre un freno alle continue incursioni partigiane.
In una piccola frazione, Cerrè Sologno, a metà strada tra Ligonchio e la Valle del Secchiello, si scontrano, all'improvviso, i ribelli di Barbolini, con un reparto misto italo-tedesco, composto da militi della 79° Legione della GNR di Reggio Emilia e soldati tedeschi del Comando militare di Rubiera. Otto soldati tedeschi e due militi fascisti di Reggio Emilia, caddero in quello scontro. Anche i partigiani ebbero a subire sette morti.(35)
GIOVEDI 16 MARZO 1944
Sul fronte di Nettuno, dove si coprono di gloria i battaglioni della
RSI, Nembo e Barbarigo, muore l'Allievo Ufficiale della GNR, volontario del
Battaglione Barbarigo della X° Flottiglia MAS, nativo di Pievepelego, di
ventitré anni:
CORTESI ENZO(36).
I suoi conterranei, negli stessi giorni, si combattevano tra fratelli
sul fronte interno. I partigiani della formazione di Nello, che tanti lutti ha
provocato nella zona di Montefiorino, attaccano una corriera che trasportava una
decina di militi che dalla Santona andavano in soccorso del presidio
repubblicano di Palagano, all'altezza di Molino del Grillo.
Di fronte all'improvvisa imboscata partigiana, i militi, anche in
rapporto alle preponderanti forze avversarie, dovettero arrendersi. Vennero
immediatamente uccisi, con un colpo alla nuca(37), il Tenente:
FINUCCI GIUSEPPE(38),
e il caporal maggiore:
MASI GIUSEPPE(39).
Uguale sorte toccò al soldato:
MUZZARELLI GEREMIA(40),
la corriera, e fu la terza nel giro di pochi giorni, venne data alle
fiamme.
Tutta la zona è sotto pressione per le continue imboscate partigiane.
Un ulteriore attacco contro un reparto di soldati tedeschi e di militi della
GNR venne portato sulla strada di Monchio alle 11.
"Verso le ore 11 del 16
Marzo si spinsero sulla strada di Monchio alcuni autocarri militari, che giunti
a circa un chilometro dall'abitato di Lama di Monchio, in località chiamata
Croce di Cappello, dovettero fermarsi.......Dagli automezzi furono scaricate
armi e munizioni e una lunga fila di soldati germanici e italiani, preceduti da
un sidecar che avanzava a fatica, si avviò in direzione di Monchio. A Lama gli
ufficiali che comandavano i soldati dell'esercito repubblicano, giunti forse da
Palagano, ebbero brevi colloqui con gli abitanti. Davano l'impressione di
affrontare molto a malincuore i rischi e le fatiche di quel rastrellamento e
sui loro volti erano evidenti i segni di una grande inquietudine. Dissero di
dover salire al Santuario di S. Giulia per recuperare armi e munizioni e che speravano,
per il bene di tutti ( e calcarono su queste ultime parole ), che i partigiani
che sapevano presenti nella zona, non li avrebbero disturbati.(41)"
Ma dopo poco tempo i partigiani delle formazioni di
"Minghin", cominciarono a sparare sui tedeschi con un fuoco rabbioso
di mitragliatrice ; questi risposero con una mitragliatrice da 20mm., mentre
reparti fascisti sparavano con un mortaio da Lama. Altre formazioni partigiane,
guidate da Leo Dignatici, intervennero in aiuto dei primi; vennero uccisi in quello
scontro, un Ufficiale e quattro militari tedeschi.(42)
VENERDI 17 MARZO 1944
La situazione nella zona di Montefiorino si fa sempre più drammatica. I
tedeschi, in seguito alle imboscate ed agli agguati dove persero una ventina di
uomini(43), richiamano in quella zona dell’Appennino modenese, altre forze per
cercare di contrastare la pressante guerriglia delle bande partigiane che di
giorno in giorno assumevano sempre più virulenza. Anche esponenti del Partito
Comunista arrivano nella zona, da Modena, per cercare di fomentare ancor più la
guerriglia.(44)
Intanto nella zona di Savoniero i tedeschi iniziano un rastrellamento,
arrestando tre uomini; ma improvvisamente i partigiani aprono il fuoco da una
posizione situata attorno alle case della borgata Fontana, uccidendo un
Ufficiale tedesco e ferendo altri tre soldati,(45)
Dopo un ripiegamento i tedeschi passano al controattacco, ma verso
sera, i "ribelli",
"riuscirono a sganciarsi, riguadagnando le alture che sovrastano
la borgata di Susano.(46)"
Iniziano così le drammatiche ore dei martoriati paesi,
Monchio, Susano
e Costrignano, che verranno brutalmente rasi al suolo dalle formazioni della
Divisione SS, Herman Goering, reduci dal fronte di Cassino, e che si trovavano
in quel periodo, nei dintorni di Bologna, per un periodo di riposo.
SABATO 18 MARZO 1944
Ulteriori truppe tedesche affluiscono nella zona della Valle del
Dragone. Si ha subito la sensazione che vogliano fare un’operazione a vasto
raggio e che siano pronti ad usare la mano pesante.
Subito all'alba, da tre cannoni posti nel Piazzale della Rocca di
Montefiorino, inizia il cannoneggiamento sulle frazioni di Monchio, Susano e
Costrignano.(47)
"Nessuna reazione da
parte dei partigiani, allontanatisi nella notte o nascosti lontano nei boschi.
Del resto, anche se fossero rimasti in zona, sarebbe stata impossibile
qualsiasi resistenza."(48)
La popolazione era estremamente preoccupata per quello che era successo
nei giorni precedenti e per il grosso movimento di truppe tedesche che si
andava verificando in quelle ore:
"In fondo, si pensava, i
tedeschi si sarebbero comportati più o meno come i fascisti che, nelle numerose
e già ricordate puntate nelle borgate della valle, si erano limitati a
ricercare i veri ribelli o, tutt'al più, a far man bassa delle provviste
alimentari e a rastrellare degli uomini che poi venivano messi regolarmente in
libertà."(49)
Molte case furono colpite dal bombardamento e parecchie furono le
vittime civili che rimasero sotto le macerie. Ma la parte più tragica ed il più
alto numero di morti lo si ebbe dopo che le truppe tedesche, comandate dal
Capitano Hartwig della Terza Divisione paracadutisti, iniziarono il
rastrellamento, uccidendo e saccheggiando con estrema ferocia. Le varie
frazioni della zona vennero messe sistematicamente a ferro e fuoco e numerosi
episodi di un’efferatezza incredibile si verificarono nel giro di poche ore.(50)
La furia tedesca si abbatté su tutto e tutti compresi fascisti del
luogo(51); uomini, donne e bambini vennero falciati in modo disumano. Le
vittime di quella tremenda rappresaglia ammontarono a 130.(52) Fu quello il più
feroce massacro effettuato dai tedeschi in Italia, sino a quel giorno, e che
anticipava di pochi giorni quello delle Fosse Ardeatine a Roma.
DOMENICA 19 MARZO 1944
In tutta la Valle, dopo lo spaventoso eccidio, regna lo sbigottimento e
il terrore. I superstiti, inebetiti dal dolore e sconvolti per quanto era loro accaduto
si aggiravano tra le macerie delle case alla ricerca dei parenti e delle povere
cose distrutte. Il recupero delle vittime fu particolarmente penoso e difficile
e le salme dopo due giorni vennero inumate in fosse comuni.(53)
LUNEDI 20 MARZO 1944
Anche le autorità fasciste , che si sono recate sul posto, rimangono
sconvolte per l'inutile massacro compiuto dalle truppe tedesche; in una sua
relazione, al Capo della Provincia, Pier Luigi Pansera, così scriveva il
Segretario fascista di Montefiorino, Francesco Bocchi:
"Nella visita effettuata
il 20 corrente ho potuto personalmente accertare che le popolazioni colpite si
presentano in un quadro della più completa impressionante desolazione. Le case distrutte
sono ridotte nella più grande maggioranza in un cumulo di macerie sotto le
quali è rimasto bruciato tutto il mobilio, scorte di viveri, masserizie,
risparmi in contanti, attrezzi agricoli, bestiame bovino ecc. Molte altre
famiglie, poi, pur non avendo avuta la casa distrutta, hanno avuto invece
asportati tutti i viveri dai reparti operanti o transitanti. L'accertamento di
queste ultime è ancora in corso. (Molto probabilmente questa frase è riferita
alle vittime N.d.R.) Alcune persone sono impazzite e molte altre fuggite da
casa senza più dar notizie. Un numero imprecisato di persone è stato condotto
via dai tedeschi con autocarri. Quasi tutte le mamme, per lo spavento provato,
sono rimaste senza latte per i loro bimbi poppanti.
Tutti i cadaveri fino ad ora
accertati ed identificati risultano del posto ad eccezione di due maestri
elementari di Modena che insegnavano a Costrignano, e sono stati trasportati
nei cimiteri delle singole frazioni in attesa degli adempimenti di competenza
dell'autorità giudiziaria. Essi verranno sepolti in fosse comuni per
insufficienza di area disponibile nei cimiteri. La popolazione è rimasta
inebetita dalla terrificante distruzione. I danni ammontano a parecchie decine
di milioni. L'ordine pubblico è completo e
nessuna traccia si è avuta di residui di ribelli. Il grosso di essi
risulta fuggito dal Monte S. Giulia la sera precedente le
operazioni."(54)"
MARTEDI 21 MARZO 1944
Nei giorni successivi all'orrendo massacro, le parti in lotta si
scagliano invettive reciproche; mentre da parte fascista si sosteneva che
l'azione era stata portata contro i ribelli e si addossava loro la
responsabilità della spietata ritorsione tedesca, il CLN diffondeva un
volantino, che era stato stilato dal Presidente Alessandro Coppi, del seguente
tenore:
"Operai, contadini,
intellettuali di Modena e Provincia! I fascisti cercano di far credere che la
montagna modenese è infestata da banditi prezzolati. Menzogna! In montagna
agiscono i Patrioti che si comportano da Patrioti. Gente valorosa che si batte
con indomito coraggio per liberare la Patria dalla schiavitù del fascismo che
si illude di rivivere grazie alle baionette tedesche. Gente che dimostra coi
fatti che il popolo italiano non vuole saperne nè di fascisti nè di tedeschi.
Gente disciplinata che, pur professando diverse idee politiche, si trova unita
e concorde per combattere per la libertà. Gente che chiede e paga ciò che
occorre per vivere, comportandosi correttamente con la popolazione con la quale
vive ed opera. Le ricevute che essi rilasciano, quando non è loro possibile
pagare in contanti, sono pienamente garantite dal Comitato di Liberazione
Nazionale. I patrioti dunque nulla hanno a che vedere con gli atti di
banditismo compiuti da malviventi durante questi ultimi mesi; anzi il noto
bandito Fini è stato da essi passato per le armi. Nessuno quindi si lasci
impressionare dalla mendace propaganda fascista che svisa i fatti e si guarda
bene dal rendere note le sconfitte che i Patrioti hanno fin qui inflitto alle
cosiddette forze repubblicane. Popolo modenese! i Patrioti che si battono con
ammirevole valore, hanno diritto di contare sull'appoggio affettivo, positivo,
concreto di tutti gli italiani amanti della libertà. Non sono essi, non siamo
noi i responsabili della guerra civile. Sono i fascisti che l'hanno voluta
scatenare nel tentativo pazzo, criminale e disperato di evitare la fine che
meritano. Ed essi sono tanto vili da mandare spesso a combattere contro i
patrioti dei giovani che sono anima della nostra anima, sangue del nostro sangue.
Sono tanto impotenti da sollecitare l'aiuto dei tedeschi, i quali, non essendo
riusciti ad aver ragione dei patrioti, col cannone e col fuoco hanno distrutto
alcuni villaggi nella zona di Montefiorino, seminando freddamente la strage fra
quelle inermi popolazioni che contano decine e decine gli assassinati, compresi
fra questi donne e bambini trucidati con spietata ferocia. Ecco chi sono i
"300 ribelli caduti in combattimento" secondo l'impudente propaganda
fascista! chi sono dunque i banditi? Chi i terroristi? Chi i senza legge? Chi i
nemici della Patria? Modenesi! Stringiamo le file, aiutiamo chi combatte, chi
sanguina, chi soffre.
Questo è il dovere di tutti
gli italiani. I patrioti combattono oggi per abbreviare la durata della guerra,
che ormai i tedeschi hanno perduta; e saranno coloro che libereranno la
popolazione dalle angherie e dalle violenze tedesche. Il Comitato di
Liberazione Nazionale."(55)
La Federazione Fascista modenese, rispondeva con un altro manifesto
intitolato "Risposta ai Patrioti", dove, tra l'altro, si diceva:
"I villaggi della zona di Montefiorino che i "patrioti" nel loro manifestino affermano siano stati distrutti a cannonate e con i lanciafiamme, si limitano invece a quei gruppi di case nelle quali i ribelli si erano asserragliati e fortificati. Precisiamo che le donne e i bambini che dicono "trucidati con spietata ferocia" ammontano a 4 donne e a due bimbi trovati sotto le macerie di una casa diroccata dal bombardamento nella quale un gruppo di ribelli si era fortificato sparando con le mitragliatrici dalle finestre. Gli altri morti sono realmente i ribelli caduti in combattimento o passati per le armi perché sorpresi in possesso di fucili o mitragliatrici, e questi elementi maschili delle popolazioni locali che con essi avevano fatto causa comune. Questi, nella pur dolorosa verità i fatti; al di fuori di essi non vi è speculazione faziosa e menzogna senza nome."(56)
MERCOLEDI 22 MARZO 1944
Continuano, intanto, nella zona della valle del Panaro, gli
"approvvigionamenti" delle formazioni partigiane ai danni delle
popolazioni di quelle contrade. A Castagneto di Pavullo viene
"visitato" tale Alfredo Casini; a Selva di Serramazzoni è la volta di
Umberto Zanoli; a Roncoscaglia di Sestola provvede agli "aiuti",
l'agricoltore Pietro Bernardini; a Monzone di Pavullo venne prelevata merce di
proprietà del Dott. Luigi Emiliani; a Olina di Pavullo le bande partigiane
andarono a cercare "collaborazione", presso l'agricoltore Carlo
Grandi, nella rivendita di tabacchi di Bruno Barattini e dal Parroco, Don
Agostino Giannelli.(57)
GIOVEDI 23 MARZO 1944
Sulla Via Giardini, all'altezza del Mulino della Rosta, ove attualmente
sorge il complesso Direzionale Zeta, una pattuglia partigiana compie un
attentato contro il Colonnello Costantino Rossi, Comandante Militare Provinciale della GNR, che transitava in auto
diretto verso la sua abitazione. L'attentato fallisce e nello scontro che seguì
rimase ucciso il partigiano Walter Tabacchi al quale venne poi intitolata una
brigata dei Gap.(58)
In questa storia della guerra civile in Provincia di Modena potrebbe
sembrare fuori posto parlare di un avvenimento accaduto a Roma: Ma il fatto ha
assunto tale forza emblematica, per tutta la storia della resistenza in Italia,
che un riferimento seppur breve e limitato è doveroso, se non essenziale, e per
il collegamento con i fatti del modenese di Monchio, Susano e Costrignano e
anche perché, di tale episodio si conosce solamente la parte conclusiva e più
tragica, cioè la fucilazione, da parte dei tedeschi, di 335 ostaggi italiani,
alle Fosse Ardeatine.(59) Di rado si parla dell'antefatto e di quello che
attorno ad esso si è verificato.
Nella zona di Roma, già dai primi di Gennaio, si erano verificati
parecchi attentati gappisti a truppe tedesche e ad isolati militari fascisti,
molti furono gli uccisi. Da parte della polizia tedesca e fascista vi fu
un’immediata risposta con l'arresto di esponenti antifascisti, in maggioranza
del partito d'azione, Da queste retate riuscirono a sfuggire molti marxisti ed
altri antifascisti di varia estrazione politica che, subito dopo l'8 Settembre,
riuscirono a rifugiarsi nella città del Vaticano. Lo stillicidio di attentati
continuò, per culminare in quello di Via Rasella. Questo era stato
particolarmente studiato e venne eseguito, se così si può dire, alla
perfezione, da dieci partigiani tra i quali, Carlo Salinari, Alfio Marchini,
Franco Calamandrei e dai due decorati, in seguito, al valor militare, Carla
Capponi e Rosario Bentivegna. L'ordine venne dato da Giorgio Amendola, eletto,
per varie legislature al Parlamento, per il Partito Comunista Italiano.(60)
Obbiettivo dell'attentato fu una colonna di anziani soldati altoatesini
(già appartenenti all'esercito italiano e incorporati nell'esercito tedesco
all'8 Settembre ) che facevano parte della "Sudtiroler polizei" ed
erano normalmente disposti alla guardia dei Comandi germanici e in altri uffici
pubblici. Non avevano mai svolto azioni di guerra e tantomeno di
controguerriglia e passavano abitudinariamente per quella strada, nel centro di
Roma, tutti i giorni.
I gappisti, appostati in attesa del loro transito, spinsero un carretto
della spazzatura, carico di esplosivo, giù per la discesa di Via Rasella,
indirizzandolo contro la colonna che risaliva la strada; vi fu un tremendo
boato e trentatre di quei militi altoatesini vi lasciarono la vita assieme a
due civili italiani, uno era un bambino, che transitavano per la via.
I tedeschi, inferociti, pretendevano che si presentassero gli autori di
quel massacro; ma nessuno cercò di evitare la terribile rappresaglia che i
nazisti promettevano e che, in breve tempo attuarono, svuotando le carceri di
Regina Coeli, in una località vicina a Roma chiamata Fosse Ardeatine. Trecento
trentacinque furono gli italiani massacrati dalla rabbiosa reazione
tedesca(61). Molto è stato scritto su questa spietata rappresaglia, ma di
questa immensa tragedia, come per altre analoghe, si dovrebbero delimitare
meglio i contorni (e non per cercare di dare una giustificazione a quelle che
sono state certamente rappresaglie feroci e addirittura controproducenti per i
fascisti e per l'Italia tutta e di cui i tedeschi ne porteranno la tragica
responsabilità per sempre) cercando di evidenziare le gravissime responsabilità
dei comunisti, autori dell'attentato, che ben sapevano di scatenare una
tremenda rappresaglia, anzi, ricercavano in realtà proprio questa, onde scavare
il fossato di odio tra italiani e tedeschi.
Nel 1981, per iniziativa della Sudtirolen Wolkspartei, in una
commemorazione delle vittime dell'attentato partigiano, l'ex senatore di quel
partito, Fried Volger, così si espresse:
"Per i folli fanatici che nella città eterna, senza alcuna
necessità, hanno provocato un bagno di sangue in una compagnia di innocui
poliziotti ci sono state medaglie d'oro e posti in parlamento";
il senatore così proseguiva in un’intervista apparsa su di un
quotidiano italiano:
"Dopo via Rasella i
partigiani, almeno uno degli autori dell'attentato, dovevano consegnarsi per
evitare una strage certa.....In altre analoghe circostanze, anche in Italia, è
quanto hanno fatto carabinieri e sacerdoti per evitare stragi... l'attentato di
Via Rasella è stato fatto senza necessità strategica perchè non cambiava nulla
in quella situazione. E' stato un attentato folle."
Ma la strategia comunista era appunto quella di scatenare la
rappresaglia, ben sapendo che questa, oltre a sollevare l'indignazione degli
italiani e ad aumentare di conseguenza l'odio nei confronti del tedesco e del
suo alleato fascista, avrebbe anche colpito molti antifascisti detenuti che
erano in netto contrasto con le formazioni comuniste sul modo di condurre la
lotta, sulla collocazione ideologica e sulle alleanze da privilegiare.(62)
Questa tattica, attuata durante tutto il periodo della guerra civile, ma che
era già stata sperimentata e collaudata durante la rivoluzione bolscevica in Russia,
nella guerra civile spagnola e in tante altre parti del mondo dove la
penetrazione dell'internazionale rossa ha creato sanguinose guerriglie, in
conclusione non ha portato a quei risultati programmati di conquista del
potere, ma è servita solamente a creare una sequela interminabile di lutti e di
rovine morali e materiali ed una spirale di odio dalla quale, anche a distanza
di quarantacinque anni, non ne siamo ancora usciti.
Va inoltre sottolineata, in questa circostanza, l'ipocrisia di chi
condanna la ferocia e la violenza quando vengono usate dagli altri, mentre la
predicava o la predica ancor oggi, la esalta, la esercita e la giustifica
quando la usa per se.
Altro elemento da non tralasciare, nell'analisi di quella tremenda
rappresaglia, è la valutazione data dagli ambienti Vaticani(63): l'iniziativa
dei gap romani è sempre stata criticata e quell'attentato venne definito un
"colpo serio" alla strategia di Pio XII° per tenere Roma lontana
dalle atrocità del conflitto, avendo dichiarato la capitale "città
aperta".(64) L'attentato, tra l'altro, venne effettuato all'insaputa del
comando del Comitato di Liberazione Nazionale, il quale conveniva, come Pio XII°, che non serviva a nulla gettare Roma nella mischia.
A Modena, in questa giornata, a Palazzo Littorio in Corso E. Muti, in
occasione della cerimonia per il XXVle della fondazione dei Fasci di
combattimento, vi fu una grande manifestazione a cui presero parte tutte le
autorità fasciste modenesi; l'ex Direttore della Gazzetta dell'Emilia, Cacciari, tenne un applaudito discorso.
VENERDI 24 MARZO 1944
Siamo ancora nei primi mesi della guerra civile, ma i partigiani
comunisti delle formazioni Garibaldi sono ben determinati nel condurre una lotta
spietata, inesorabile e senza esclusione di colpi contro l'odiato nemico
fascista, tanto da formulare un progetto di decreto che sarebbe dovuto essere
presentato al "Governo di Liberazione Nazionale" e che venne stampato
in un manifesto, di cui riportiamo per intero il testo:
"Contro i traditori
fascisti, contro chi collabora con i tedeschi e con i fascisti.
I Distaccamenti e le brigate
d'assalto Garibaldi, che conducono una lotta a morte contro gli occupanti
tedeschi e i suoi alleati fascisti, per assicurare all'Italia la libertà e
l'indipendenza nazionale, che si costituirà tra breve, come segno della volontà
del popolo di scacciare dall'Italia ogni residuo nazista e fascista, il
seguente progetto di
DECRETO
Articolo 1 - tutti gli
appartenenti al Partito Fascista Repubblicano, alla Milizia Volontaria
Sicurezza Nazionale del cosidetto Governo fascista repubblicano o a qualsiasi
altra organizzazione fascista, per il semplice fatto di questa appartenenza,
come anche tutti quelli che, dopo la dichiarazione di guerra dell'Italia alla
Germania, abbiano collaborato nel campo militare, economico, amministrativo col
nemico nazista e fascista, SONO DICHIARATI TRADITORI E NEMICI DELLA PATRIA.
Essi sono perciò privi di diritti civili, dichiarati decaduti da ogni diritto a
pensioni e sussidi licenziati da ogni impiego nelle amministrazioni pubbliche e
statali ed esclusi per sempre dalla possibilità di concorrere a detti impieghi.
Articolo 2 - tutti gli
indicati nell'art. precedente che nelle organizzazioni del Partito Fascista
Repubblicano o nell'opera di collaborazione con i tedeschi abbiano dimostrato
particolare iniziativa, o comunque abbiano svolto opera di direzione, sono
condannati a morte e tutti i loro beni mobili ed immobili sono confiscati a
favore dei caduti e dei combattenti per la liberazione e l'indipendenza
nazionale.
Articolo 3 - Una deroga
all'applicazione degli articoli precedenti è ammessa solo a favore di chi,
trovandosi per cause di forza maggiore in enti costretti alla collaborazione
col nemico (forze armate, polizia, amministrazioni pubbliche e private, imprese
ecc.) possa provare, con dati concreti, non solo di non essersi macchiato mai
di atti di tradimento a danno di patrioti e della causa di liberazione
nazionale, ma di aver condotto dal posto occupato, un attiva opera di
sabotaggio dei piani e delle forze del nemico nazista e fascista e aiutato,
secondo le possibilità, la lotta partigiana in seno allo stesso esercito
fascista e, in particolare, provvedendo alla soppressione di dirigenti e di
ufficiali fascisti; avvertendo, se poliziotto, i patrioti minacciati d'arresto,
aiutando a fuggire gli arrestati e sopprimendo commissari e agenti fascisti;
sabotando la produzione bellica tedesca, le requisizioni, la riscossione delle
tasse, delle imposte ecc.
Articolo 4 - Tutti i
criminali contemplati in questo decreto sono di competenza dei tribunali del
popolo da nominarsi nei territori liberati dall'occupazione tedesca. Nei
territori ancora sotto il tallone nazista e fascista, le forze armate patriottiche
e i partigiani, in primo luogo, sono incaricati dell'applicazione, senza
nessuna formalità, dell'art.2 del seguente decreto, provvedendo alla
soppressione del nemico della patria, alla distruzione dei loro beni che non si
possono sequestrare e mettere a disposizione della lotta partigiana.
E' evidente che fin d'oggi i
distaccamenti e le brigate d'assalto Garibaldi prendono a base della lotta
contro i tedeschi e contro i fascisti le disposizioni contenute nel proposto
decreto."(65)
A prescindere dalla forma e dal contenuto di questo scomposto invito
alla delazione, all'omicidio, al sequestro indiscriminato di beni, resta da
sottolineare come le formazioni comuniste abbiano eseguito perfettamente gli
ordini, sia durante la fase della
guerra, sia al termine della stessa, andando anche oltre, attraverso le
esecuzioni sommarie, con le farse dei processi dei cosiddetti tribunali del
popolo, con le epurazioni indiscriminate, in conclusione con una persecuzione
programmata sino alla eliminazione completa dell'avversario e delle sue
famiglie.
A Albareto vicino a Modena veniva ucciso l'agricoltore
MALAGOLI UMBERTO (65bis)
SABATO 25 MARZO 1944
L'avvio della guerra civile nella bassa modenese, malgrado buona parte
della storiografia partigiana cerchi di datarlo in periodi antecedenti, viene
collocato realisticamente con l'assassinio del vice reggente del Fascio
Repubblicano di Carpi, al giorno 26 Marzo. Difatti:
"E' da escludere, che
nell'inverno 1943-44 si siano verificati degli atti di sabotaggio nella
"Bassa" modenese: prima di tutto perché nessuna notizia di essi
troviamo nella stampa fascista, che pure, proprio in quel periodo, si
diffondeva ampiamente nel riferire le più semplici operazioni di
approvvigionamento compiute dai partigiani in montagna; in secondo luogo,
perché i tedeschi, che sarebbero stati gravemente danneggiati dagli atti di
sabotaggio, avrebbero certamente reagito con rappresaglie."(66)
*Avvio della guerra civile in pianura con l’uccisione del vice reggente del
PFR Leonardi Vincenzo
DOMENICA 26 MARZO 1944
Le nuove formule del Fascismo Repubblicano stanno facendo presa su larghi
strati della popolazione anche nel modenese; i comunisti malsopportano che la
RSI abbia una impostazione così avanzata verso la classe lavoratrice, pertanto
si scagliano con rabbia contro gli uomini che si sono messi in evidenza,
incrementando gli attentati terroristici contro fascisti isolati e facili
bersaglio per gli agguati, spostando così la lotta su di un piano fatto di
assassinii e di rappresaglie che, in breve tempo, porterà il confronto tra le
due fazioni, anche nella pianura modenese a limiti incredibili di uccisioni, da
entrambe le parti.
A Carpi, dopo l'assassinio del brigadiere della GNR, Ternelli, avvenuto
il 3 Marzo, viene messo a segno dai partigiani un altro attentato. Mentre stava
vendendo dei biglietti all'ingresso del Cinema Lux, viene ucciso, da una serie
di centrati colpi di pistola, il vice reggente del Fascio carpigiano, padre di
tre figli:
LEONARDI VINCENZO.(67)
In questo modo la storiografia partigiana inquadra l' omicidio:
"Questo nuovo fascismo ha qualche pretesa demagogica "sociale" e, quà e là i nuovi dirigenti vorrebbero distinguersi (più che altro per non condividere con loro il potere) dai vecchi gerarchi, ma la sostanziale continuità (se e quando un cambiamento c'è, è in peggio) è data dagli interessi che servono, dalle caste di cui sono esponenti.... A Carpi quelle caste hanno affidato la reggenza del fascio al vice direttore della Marelli, Carlo Alberto Ferraris, vice reggente l'ex carabiniere (augusto) Leonardi....Diventa perciò uno dei doveri del movimento di liberazione, quello di giustiziare questi oppressori e persecutori in quanto tali e in quanto sono i più fanatici collaboratori dell'occupazione, colonne del sistema terroristico e depredatorio di occupazione. La serie sarà lunga. A Carpi comincia nel Marzo 1944."(68)
*Uccisione
di 7 fascisti nei pressi di Pavullo
Se nella pianura modenese la guerra civile sta avviandosi con attentati
del tipo che abbiamo preso in esame, in montagna ha già raggiunto l'apice con
la lunga serie di attentati a tedeschi, fascisti e civili. Le formazioni
partigiane riprendono i loro agguati in altre zone, spostandosi dalle valli del
Secchia a quelle del Panaro. In questa prima Domenica di primavera, una
pattuglia di militi fascisti viene attirata in una imboscata, da una formazione
di "ribelli" guidata dal capo partigiano "Armando". Vengono
uccisi: il Tenente della GNR nativo di Sestola:
BOLDRINI OTELLO,(70)
il medico di Pavullo di trentadue anni:
ROMANI ANTONIO,(71)
CINQUE IGNOTI MILITI(72),
giovanissimi volontari dai sedici ai diciotto anni, nativi di Tripoli.
Rimase seriamente ferito anche il maresciallo della GNR, Bonanno, ed un altro
milite perdette un occhio.
Sulla stampa dell'epoca venne data questa versione dei fatti:
"La mattina del 26
corrente numerosi delinquenti si portavano in vicinanza di Sassoguidano,
frazione del Comune di Pavullo e armati di fucili, moschetti, mitragliatrici e
bombe a mano, aggredivano un autocarro militare nel quale si trovavano un
sottotenente e cinque militi, tutti distaccati per servizio a Pavullo. Erano
pure con essi un maresciallo maggiore dei carabinieri e un carabiniere,
appartenenti al distaccamento della GNR di Pavullo e il Dott. Antonio Romani fu
Sante di anni 32 da Pavullo. L'autocarro era diretto in località Gaianello per
accertamenti giudiziari inerenti ad un cadavere rinvenuto nel mattino sulla
strada comunale identificato poi per un milite appartenente al Centro di
addestramento distaccato a Montecenere di Lama Mocogno. Fatti segno ad
improvviso tiro di mitraglia e lancio di bombe a mano rimanevano uccisi il
sottotenente e quattro militi. Il maresciallo, il carabiniere e il Dott. Romani
venivano trasportati all'Ospedale Civile di Pavullo. Un altro milite rimaneva
leggermente ferito."(73)
L'imboscata era stata ben preordinata da "Armando", il quale,
la notte precedente, aveva inviato un gruppo di suoi partigiani in una cascina
dove abitavano due belle ragazze, amiche di due ragazzi fascisti che di solito
si recavano a trovarle. Il gruppo di partigiani catturò i due, uno venne
ucciso, l'altro lasciato libero dopo una notte d'interrogatorio. Il suo
cadavere venne poi abbandonato sul ciglio della strada, per preparare
l'imboscata a chi doveva andare a fare il sopralluogo.(74)
"Era giorno di fiera a
Pavullo ed eravamo certi che di lì a poco qualcuno avrebbe dato l'allarme e i brigatisti
neri sarebbero venuti sul posto. Avvenne appunto così ; ci appostammo nelle
vicinanze del bosco, nascosti dietro un cumulo di pietre e quando scorgemmo il
polverone sollevato dal camion che soppragiungeva, ci preparammo ad
accoglierlo."(75)
Seguirono il lancio di bombe a mano che bloccarono l'autocarro ed un
nutrito fuoco di mitragliatori che fecero scempio dei militi a bordo del mezzo.
In un altra testimonianza partigiana si racconta che i fascisti, per
vendicarsi, arrestarono i genitori di Armando:
"Ma anche in questa circostanza i rapporti stabiliti precedentemente tra i partigiani e i carabinieri si rivelarono assai proficui e, dopo un pò di tempo la cosa si risolse nel migliore dei modi."(76)
LUNEDI 27 MARZO 1944
Gli Ufficiali ed i graduati dei reparti dell'Esercito Repubblicano di
stanza nel modenese avevano grosse responsabilità in momenti così delicati;
difficile era il compito di trattenere la rabbia dei militari in divisa che
erano sempre più, facile bersaglio degli agguati partigiani. Spesso si
verificarono ribellioni non facili da domarsi, anche perché, molti giovani
vedevano massacrare amici e parenti nelle imboscate tese dai ribelli e non
negli scontri diretti o in aperte battaglie campali che raramente si
verificarono nel nostro territorio.
MARTEDI 28 MARZO 1944
Si svolgono a Carpi i funerali del vice reggente del PFR,
Leonardi,
ucciso il giorno 26; vennero tenuti chiusi tutti i locali pubblici e venne
promessa una grossa somma a chi avesse fornito indicazioni sugli autori dell'omicidio.(71)
MERCOLEDI 29 MARZO 1944
L'Arcivescovo di Modena si reca in Prefettura per una visita ufficiale
al Capo della Provincia; il giorno successivo verrà diramato un comunicato che
così si esprimeva:
"S.E. l'Arcivescovo di
Modena e Abate di Nonantola si è recato ieri mattina al Palazzo del Governo
accompagnato dal Vicario generale della Curia in visita ufficiale al Capo della
Provincia. Mons. Boccoleri si è a lungo e molto cordialmente intrattenuto con
il Console Pier Luigi Pansera, al quale ha portato l'espressione dei nobili
sentimenti di italianità che animano il clero della nostra Diocesi. Durante il
corso del colloquio il Capo della Provincia e l'alto Prelato hanno serenamente
esaminato con largo spirito di mutua comprensione i vari problemi che interessano
le gerarchie politiche e religiose della provincia, auspicando infine quella
vittoria delle nostre armi che è la sola garanzia di salvezza anche per la
religione, insostituibile nutrimento spirituale del nostro popolo profondamente
patriottico e cattolico."(78)
GIOVEDI 30 MARZO 1944
A Castelfranco Emilia, per rappresaglia agli agguati ed alle imboscate
contro le truppe tedesche e fasciste, vengono fucilati dieci giovanissimi partigiani
di Renno di Pavullo che erano trattenuti in quelle carceri.(79)
VENERDI 31 MARZO 1944
Nelle zone dell’Appennino modenese della Valle del Secchia, si
concludono le operazioni di rastrellamento contro le formazioni ribelli ed il
grosso delle forze che vi avevano partecipato rientra alle proprie basi,
lasciando nei piccoli paesi solamente piccoli nuclei a presidiare quelle zone
che, di lì a breve tempo si torneranno a popolare dei vecchi e nuovi partigiani
che verso la fine della primavera aumenteranno di numero sull'onda dei successi
ottenuti dalle truppe anglo-americane sul territorio italiano.
1 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 4.3.44
2 cfr. ESGC.Mo
3 cfr. E. Gorrieri: "La Repubblica di Montefiorino"
pag. 139;
4 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 5 Marzo 44
5 cfr. P. Alberghi: "Attila sull'appennino" pag. 96
6 cfr. G. Pisanò: "Gli ultimi in grigioverde" Vol. 3°
pag. 1815, elenco caduti della GNR.
7 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 7.3.44.
8 cfr. F. Borghi: "L'an n'era menga giosta" pag. 263 e
Gazzetta dell'Emilia del 7.3.44
9 ibidem
10 si trattava dei due partigiani, Amelio Aravecchia e Dante
Schiavoni; cfr. anche testimonianza di Don Sante Bartolai in ISR n. 5 pag. 79.
11 cfr. P. Alberghi op. cit. pag. 101.
12 cfr. Lettera del Comune di Medolla del 16.1.1956, alla Ass.
Cad.Rsi.
13 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 14 Marzo 1944
14 ibidem e in elenco caduti RSI, inumati nell'ossario di San
Cataldo.
15 ibidem
16 ibidem
17 ibidem
18 ibidem.
18bis Questo nominativo
trovasi inserito in un elenco dei caduti della resistenza modenese in rassegna
ISR n. 3 pag. 7.
18tris cfr.
"Martirologio" pag. 89
19 cfr. E. Gorrieri, P. Alberghi, op.cit
20 dattiloscritto in Archivio Caduti RSI.
21 cfr. Elenco caduti RSI n. 507.
22 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 11 Marzo 1944.
23 cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 151.
24 cfr. lettera del Comune di Pavullo in data 16.2.1956 prot. 1261;
elenco caduti RSI n. 431.
25 Comandante partigiano, azionista.
26 cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 153.
27 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 14 Marzo 1944.
28 I caduti partigiani in quel combattimento furono: Bruno Belloi,
Alcide Borsari, Enrico Brandoli, Ottavio Ferrari, Carlo Fiandri, Dino Lugli,
Bruno Parmeggiani e Sovente Sabbatini. In E. Gorrieri, op. cit. pag. 153.
29 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 14 Marzo
30 cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 98.
31 cfr. lettera del Dott. Comini, accertante le cause della morte,
in Arch. Ass. Cad. RSI.
32 cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 98.
33 ibidem
34 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 14 Marzo 1944.
35 cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 111.
36 cfr. elenco caduti RSI n. 243.
37 cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 112.
38 ibidem
39 ibidem
40 ibidem; per questi caduti anche in elenco caduti RSI.
41 cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 113.
42 ibidem
43 ibidem pag.120
44 ibidem pag. 118; dichiarazione di Leo Dignatici.
45 ibidem pag. 119
46 ibidem
47 cfr. G. Silingardi: "I giorni del fascismo e
dell'antifascismo" pag. 168.
48 cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 170
49 cfr. P. Alberghi, op. cit. pag. 129.
50 ibidem
51 ibidem pag. 184.
52 I caduti
civili nelle frazioni colpite dalla
furia tedesca:
Frazione di Susano:
Gualmini Celso, Aschieri
Clerice, Aschieri Massimiliano, Gualmini Raffaele, Baschieri Maria, Gualmini
Lavinia, Gualmini Celso di Raffaele, Gualmini Viterbo, Gualmini Aurelio,
Albicini Delia, Marastoni Ursilia, Marastoni Orfeo, Carlo di NN, Gherardo
Filippo, Garzoni Francesca, Baldelli Camillo, Casacci Dovindo, Casini Battista,
Casolari Florigi, Pagliai Domenico, Pagliai Tonino, Peli Giuseppe, Peli Andrea,
Zenchi Dante.
Frazione di Costrignano:
Barbati Ersidio, Barbati
Ignazio, Barbati Luigi, Barbati Pasquino, Baschieri Mario, Beneventi
Pellegrino, Beneventi Giacomo, Beneventi Giuseppe, Caminati Adelmo, Casinieri
Luigi, Ceccherelli GianBattista, Chiesi Sante, Compagni Tolmino, Ferrari
Secondo, Ferrari Nino, Ghiddi Lorenzo, Lami Alcide, Lami Silvio, Lami Ennio,
Lami Mario, Lorenzini Marcellina, Maestri Massimo, Pancani Giuseppe, Pigoni
Luigi, Pigoni Lino, Rioli Ernesto, Rioli Claudio, Rioli Pellegrino, Rosi Dante,
Sassatelli Lodovico, Severi Enrico.
Frazione di Monchio:
Abbati Callisto, Abbati
Cristoforo, Abbati Giuseppe, Abbati Milziade, Abbati Raffaele, Abbati Remo,
Abbati Tommaso, Albicini Ermenegildo, Barozzi Augusto, Barozzi Adelmo, Barozzi
Mario, Bedostri Giuseppe, Bedostri Luigi, Bucciarelli Livio, Braglia Ambrogio,
Cornetti Adele, Corenetti Luigi, Caminati Giovanni, Caselli Alberto, Carani
Ernesto, Carani Geminiano, Compagni Ernesto, Debbia Enrico, Debbia Franco,
Debbia Valerio, Debbia Roberto, Facchini Sisto, Ferrari Egidio, Ferrari Remo,
Ferrari Teobaldo, Fiorentini Giuseppe, Fontanini Teodoro, Giberti Attilio,
Giberti Eleuterio, Giusti Giuseppe, Guglielmi Aurelio, Guglielmi Emilio,
Guglielmini Luigi, Guglielmini Renato, Guglielmini Giuseppe, Sajelli Pia,
Magnani Amilcare, Marchi Ivo, Martelli Giuseppe, Martelli Alvino, Massari Gino,
Mesini Celso, Mesini Alessandro, Mussi Remo, Ori Attilio, Ori Ernesto, Pancani
Claudio, Pancani Ernesto, Pancani Marco, Pancani Tonino, Pistoni Leonildo,
Pistoni Michele, Pistoni Luigi, Ricchi Ernesto, Ricchi Viterbo, Rioli Antonio,
Rioli Pellegrino, Rioli Mauro, Silvestri Agostino, Tincani Ennio, Tincani
Geminiano, Venturelli Dante, Silvestri Ines, Venturelli Gioacchino, Venturelli
Florindo e Sassatelli Adelmo.
53 cfr. G. Silingardi, op. cit. pag. 169.
53bis Francesco Bocchi,
Segretario del PFR di Montefiorino, che venne ucciso il 16 marzo 1945 a Modena
dai partigiani, venne accusato dal CLN, come uno dei responsabili dell'eccidio
per aver messo sull'avviso i comandi fascisti e germanici ad intervenire nella
zona. In una testimonianza, l'Arciprete di Serra, Don Marino Donini a quei
tempi capellano a Vitriola, sul Resto del Carlino del 14 marzo 1984, così parlò
del Dott. Bocchi:
"Trovai il Dott. Bocchi, seduto in poltrona, in uno stato di profondo sconforto. Mi disse testualmente: " E' un disastro! Si dice che di là dal fiume ci siano un centinaio di morti. Le SS avevano in programma di distruggere anche Savoniero e Vitriola ma io ho supplicato i comandanti di cessare il rastrellamento e la rappresaglia."
54 cfr. P. Alberghi , op. cit. pag. 214.
55 cfr. E Gorrieri, op. cit. pag. 174.
56 ibidem pag. 175
57 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 17 e 22 Marzo 1944.
58 cfr. ISR Rassegna
59 Esiste un ampia letteratura sull'episodio di Via Rasella e del
successivo eccidio delle Fosse Ardeatine, che riteniamo non elencare.
60 cfr. G. Pisanò op. cit.
61 ibidem
62 tra i fucilati alle Fosse Ardeatine vi fù anche un modenese:
certo Luigi Gavioli ( da ISR rassegna n. 7 pag. 28)
63 cfr. Atti e documenti della Santa Sede, Vol. X°
64 ibidem
65 cfr. ISR Rassegna n. 8 pag. 67.
65bis cfr.
"Martirologio" pag. 138
66 cfr. F. Gorrieri : "La resistenza nella bassa
modenese", pag. 93.
67 cfr. lettera del Comune di Carpi in data 30.5.1956 prot. 7033.
68 cfr. Pacor-Casali: "Lotte sociali e guerriglia in
pianura" pag. 89.
69 Al secolo, Armando Ricci, che fu successivamente, al termine
della guerra, Sindaco di Pavullo.
70 In una agenda, dove il Ten. Boldrini, teneva notati pensieri ed
appunti venne trovata questa sua affermazione: " Questo mio vivere è
proprio un vivere pericolosamente. La morte mi circonda da ogni parte; eppure
non mi fa paura. Morire per la Patria! Morire per l'idea in fondo è una
fortuna! Speriamo bene! Morire amando è vivere. W il Duce"
72 cfr. E. Gorrieri, op. cit.
73 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 29 Marzo 1944
74 ibidem
75 cfr. Ada Tommasi De Micheli: "Armando racconta" pag.
122 e segg.; per il Dott. Romani cfr. anche A. Galli in "Pievepelago
durante la seconda guerra mondiale" pag. 29 e in E. Gorrieri, op. cit. ;
in questa versione si precisa che il fatto non avvenne a Gaianello, bensì in
località Fontanella di Sassoguidano.
76 cfr. S. Prati - G. Rinaldi in: "Quando eravamo i
ribelli", pag. 64-65.
77 cfr. F. Gorrieri.: op. cit. pag. 92.
78 cfr. Gazzetta dell' Emilia del 30 Marzo 1944.
79 I giovani partigiani fucilati nelle carceri di Castelfranco
Emilia furono: Badiali Bruno, Adani Faustino, Pattarozzi Massimo, Gherardini
Ubaldo, Vandelli Romano, Maletti Gervasio, Manfredini Teodorico, Montecchi
Egidio, Camatti Renato e Walter Martelli.